La Confraternita di S. Maria del Carmine fu istituita il 16 Luglio 1638 ed ha sede presso l'Oratorio che costituisce parte integrante del grande complesso conventuale di S. Maria del Carmine dei PP. Carmelitani Calzati, sito nell’omonimo rione, a ridosso dell’antico quartiere della Grecìa.
La prima sede
confraternale, non molto ampia, era collocata all’interno del convento
pari in superficie ad un quarto di braccio dei dormitori che si aprono
ad “L” su due lati del chiostro. Fu intorno alla fine del secolo XVII
che, terminati i lavori del convento, la Confraternita si trasferisce
nell’aula costruita attiguamente ed in continuità del braccio
occidentale del chiostro del convento e con una larghezza pari a quello
dello spazio interno della chiesa attuale misurata tra i punti di
maggiore aggetto dei pilastri divisori tra le cappelle.
Con molta
probabilità l’oratorio è in realtà una preesistenza più antica rispetto a
tutto il complesso conventuale e ciò lo si deduce sia dal suo
orientamento, est-ovest, sia dal ritrovamento, oggi nascosta dall’altare
ligneo della Vergine, di una nicchia con piccola calotta decorata da
un affresco raffigurante una conchiglia e di epoca precedente
all’impianto barocco confraternale.
La nuova fondazione, o comunque la
nuova sistemazione, dell’aula per le riunioni è attestata da un atto
pubblico del 1689 che documenta anche l’arredo ligneo che poco più tardi
viene arricchito dell’altare all’interno del quale fu posta la statua
processionale della SS. Vergine del Carmine.
Giacomo Frangipane nel suo
manoscritto “Catanzaro Sacra” così ne parla: la Confraternita del
Carmine «fu eretta canonicamente il 16 luglio 1638, essendo Vescovo di
Catanzaro M.re Consalvo di Capua, costituendosi l’aula delle sue riunioni
entro il chiostro del convento dei Frati Carmelitani Calzi , con
entrata dal chiostro: aula che fu contornata di sedili in tre ordini e
con un ricco altare di legno dorato ad oro zecchino, sormontato dalla
statua della Madonna; aula che seppe gelosamente conservare come al
presente si vede…soppressa come corpo religioso per la legge del 23
febbraio 1788, i suoi beni passarono alla Cassa Sacra. Se non che, non
avendo potuto farsi riabilitare ai sensi del rescritto 28 luglio 1788,
perché come di sopra si è detto, non aveva la civile esistenza voluta
dal Dispaccio 29 giugno 1776, continuò tacitamente i suoi atti
spirituali nella sua aula, aprendo una porta esterna sulla via, non
potendo accedere dalla porta interna, perché il convento era passato
allo Stato».
Il semplice invaso spaziale è caratterizzato da un’aula unica chiusa dall’arco santo, decorato da stucchi di gusto rococò, che immette nel piccolo coro dominato dal grande altare ligneo (cm. 650 x cm 375), ai lati del quale si aprono due finestroni sormontati da due piccoli oculi, a cui fanno seguito, sui lati minori, le porte che immettono ai sovrastanti coretti lignei di gusto ancora tardo-manieristico.
Domina l’intera aula la grande cattedra priorale con
i posti riservati per le altre cariche della congrega che, come per il
coevo edificio della Confraternita del Rosario, è posto di fronte
l’altare, e gli stalli lignei per i confratelli, a tre ordini di seduta a
seconda del grado di anzianità, disposti lungo le pareti laterali e con
la sola interruzione creata dalle due porte, delle quali, la più antica
di matrice secentesca, è quella attigua al chiostro del convento,
caratterizzata da una larga cornice curvilinea.
«L’insieme – afferma
Emilia Zinzi – in legno di noce, si apparenta all’arredo affine
dell’arciconfraternita del Rosario per una struttura architettonica di
tipo ancora rinascimentale d’essenziale sobrietà, sulla quale
(segnatamente nella cattedra) l’ornato fiorisce dando densità e spunti
di movimento barocco ad un lessico decorativo di ascendenza
tardo-manieristica. Gusto tecnica, scelte formali, distinguono l’insieme
catanzarese della coeva e affine produzione del Casentino, delle Serre,
dei centri pre-silani. Lo apparentano al complesso del Rosario,
inducendo ad ipotizzare la presenza di botteghe artigiane locali
affinatesi nel curare l’arredo dei ricchi conventi fioriti nella città
fra Cinque e Seicento o rielaboranti le premesse figurative approdate in
quegli ambiti. Tale valutazione intende evidenziare la posizione di
unicum, che l’insieme ligneo detiene nella cultura figurativa della
Calabria centrale».
Il patrimonio artistico dell’oratorio si
impreziosisce, oltre che di un numero considerevole di tele
sei-settecentesche, di altri arredi lignei quali ad esempio i due tondi
con cornici acantiformi riferibili al primo seicento al centro dei quali
sono poste rispettivamente le seguenti iscrizioni: “FLUIT UNDA MARIS
CURRETQUE PER ETHERA PHOEBUS” e “VIVET CARMELI CANDIDUS ORDO MIHI”;
entrambe vanno lette in sequenza e fanno riferimento alla famosa
apparizione della Vergine a San Bertoldo e alla promessa, non meno
famosa, ripetuta successivamente a San Pier Tommaso.
Essi erano parte di
un complesso decorativo più ampio e articolato a cui faceva capo anche
il grande stemma dell’Ordine dei Carmelitani Calzati chiuso entro una
ricca cornice intagliata e sormontato da una corona ducale; è così
composto: una montagna stilizzata, il cui vertice proiettato nel cielo,
presenta i lati arrotondati e una stella ad otto punte al centro della
montagna (chiaro riferimento al Monte Carmelo, luogo di origine
dell’Ordine) e come nella Congregazione Mantovana e nel Carmine Maggiore
di Napoli vi è aggiunto sui campi un ramo di palma e un giglio,
passanti in una corona dorata. La palma e il giglio indicano i due
“padri” dell’Ordine dei Carmelitani (ossia i primi due canonizzati:
S. Angelo di Licata e S. Alberto di Trapani); i colori dei campi sono il
bianco o l’argento nella parte superiore e il tanè o nero in quella
inferiore.